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16 aprile, San Benedetto Labre

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Sì.. ma chi era Benedetto Labre? Questo sconosciuto dalla parlata straniera detto “il vagabondo di Dio”, adottato e amato a Roma da un intero rione? Nato in Francia nell’attuale dipartimento del Pas des Calais, giunge nella città santa per restarvi definitivamente (dopo una prima precedente visita) nel 1777. Dopo aver tentato una vita monastica alla quale però non ebbe accesso ed una visita a piedi ai più famosi santuari di Francia, Spagna, Germania e Italia in 30.000 chilometri di pellegrinaggi, prese dimora con altri senza tetto presso un’arcata del Colosseo (anche se successivamente su insistenza di un abate accetta di spostarsi presso l’ospizio per vagabondi della vicina San Martino ai Monti nel rione omonimo). Ha con sé nella sacca le sole cose a lui essenziali: oltre a qualche libro devozionale, un Vangelo, l’Imitazione di Cristo e un breviario- al collo un crocifisso. Ultimo tra gli ultimi, con in quali condivideva le sue pochissime cose, interessato esclusivamente al pane spirituale ed alla contemplazione, variando ogni volta il percorso dilatava il suo tempo alla visita delle chiese di Roma con preferenza a quelle dedicate alla Vergine nonché ai Martiri o dov’era possibile l’ adorazione delle “quarantore” (preghiera di quarantore appunto prima della celebrazione Eucaristica). Muore a trentacinque anni così come sempre vissuto nella dimenticanza più totale di sé, tra stenti nella devozione esanime lungo gli ultimi gradini della chiesa della Madonna dei Monti (dove è sepolto sotto l’altare del transetto sinistro). Rimpianto da un intera popolazione che alla voce della sua scomparsa sguscia via dalle strade e dai vicoli per piangere quella figura ai propri occhi già Santo, se ne va- proprio come oggi- il giorno di Mercoledì Santo, in vigilia di triduo ma soprattutto nell’esempio luminoso di un’esistenza interamente offerta nell’amore al suo Creatore, nella dimensione di povertà e vigile oranza dell’Uomo fatto libero da Cristo nella Passione. La Chiesa lo vorrà poi Patrono dei senza tetto, allo spirito ricordando inoltre la sua storia il destino di pellegrini - e di santità- iscritto realmente in ognuno di noi a patto di un saper morire ogni giorno a se stessi per gli altri nella piena consapevolezza dell’affidamento a un mistero che ci trascende e ci salva.

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